Arrivo di Agatocle in Magna Grecia
L'Arrivo di Agatocle in Magna Grecia avvenne intorno al 301-300 a.C. Le fonti primarie sono discordi nello stabilire quale popolo italico o italiota chiamò il basileus tra loro.
Lo spartano Cleonimo e i propositi di Agatocle
Non sembra improbabile, anzi tutt'altro, che l'improvvisa partenza di Cleonimo abbia a che vedere con l'arrivo di Agatocle.[1] Il basileus, adesso ufficialmente riconosciuto tale, dopo aver reso tributarie le Lipari si apprestava a ripercorrere le orme di Dionisio I sbarcando con propositi egemonici nelle coste dell'odierna Calabria; come fece il tiranno circa cento anni prima (in ltaliam transcendit, etcemplum Dionysii secutus).[2]
Agatocle aveva già numerosi contatti con il mondo magnogreco e anche con quello barbarico dell'Italia antica: aveva, ad esempio, difeso ai tempi del suo primo esilio Crotone e Reggio dall'oligarchia siracusana ed era stato uno dei generali di Taranto; numerose anche le testimonianze di rapporti di complicità con i popoli italici durante la sua dinasteia: con Bruzi ed Etruschi soprattutto. Non stupisce quindi di ritrovarlo in Italia, con il suo esercito accampato nell'estrema regione bruzia settentrionale;[1] del resto la volontà egemonica di Agatocle non era certo una novità. Tuttavia molto più complesso appare capire la precisa motivazione che spinse il basileus a lasciare nuovamente la Sicilia: Agatocle quando partiva per una spedizione aveva sempre delle solide motivazioni a suo supporto (come fu per gli attacchi alle città siceliote e lo sbarco in Africa, motivati dalla necessità di sconfiggere il nemico oligarchico e dal minare la solidità di Cartagine).
Nella versione di Giustino
Secondo Giustino, Agatocle andò in Italia per combattere i Bruzi, suoi precedenti alleati; Diodoro conferma solo per metà l'affermazione timaica, poiché nei frammenti del suo XXI libro non si accenna al motivo che spinse Agatocle a venire in Italia ma lo si ritrova già sulla sponda Adriatica ed è a questo punto che si scopre che il basileus aveva precedentemente lasciato l'esercito siracusano ai confini del territorio tarantino[1] sotto il comando del nipote Arcagato (figlio del suo primogenito Arcagato, morto in Africa, circa un quinquennio prima, per mano dei suoi soldati).[3] Gli unici spunti offerti dal frammento diodoreo sono l'improvvisa alienazione dei Bruzi nei confronti di Agatocle, per via di una sua azione ritorsiva nei confronti di mercenari italici, e il conseguente scoppio della guerra territoriale tra Bruzi e Siracusani (tutto ciò però si verificò dopo che Agatocle fece ritorno dal mare Adriatico, per cui si è già nella seconda fase della sua spedizione italica).
Se si vuol dare fede alla notizia di Giustino, a chiamare Agatocle in Italia furono i Greci della Calabria (il quale usa il termine «implorato»: Agatocle fu implorato di passare in Italia):[4] i Bruzi non erano legati da alcun trattato a Roma, non erano quindi immischiati nelle vicende dei confini magnogreci che impegnavano gli altri popoli barbarici, né Taranto poteva impensierirli, poiché essa difficilmente poteva farsi promotrice della difesa dell'ellenismo e andare oltre gli interessi di città greche a lei vicine come Turii e Metaponto[5] (i fatti di Neapolis avevano ormai mostrato il decadimento egemonico della polis tarantina[6]). Gli Italioti quindi si rivolsero al re Agatocle per contrastare quello che Giustino definisce il popolo «più coraggioso e prospero» dell'Italia barbarica[7] (furono i Bruzi, difatti, a uccidere lo zio di Alessandro Magno, Alessandro I d'Epiro, il quale era giunto anni prima nella loro capitale, Cosentia[8]).
Nella versione di Strabone
Strabone offre un differente punto di vista: lo storico di Amasea colloca il nome di Agatocle tra i generali e i re chiamati da Taranto per combattere i nemici della polis magnogreca; in particolare contro Lucani e Messapi. Il suo nome viene posto in un elenco cronologico dopo Cleonimo e prima di Pirro; appare quindi evidente che secondo Strabone Agatocle si trovava in Italia perché aveva risposto alla chiamata d'aiuto giunta dai Tarantini.[9] La notizia straboniana però mal si concilia con un'altra notizia fornita da Diodoro: lo storico di Agira narra che Cleonimo durante la sua spedizione in Magna Grecia, dopo aver pacificato Lucani e Romani, aveva intenzione di dirigere le sue forze belliche contro il regno siracusano di Agatocle;[10] dunque un premeditato sbarco in Sicilia, il quale, secondo diversi studiosi moderni, potrebbe avere avuto tutto l'appoggio di Taranto[11] (che non era estranea a simili colpi di scena: sentendosi minacciata anche da Agatocle già in passato aveva mandato le sue navi contro Siracusa con il sostegno di Acrotato[12]). A ciò si aggiunga che dopo Cleonimo difficilmente i Lucani potevano impensierire i Greci, poiché erano stati fortemente debilitati (secondo Tito Livio nel 298 a.C. i Lucani erano minacciati dai Sanniti e andarono a chiedere l'aiuto di Roma; il loro pensiero non sembra quindi più rivolto contro Taranto).[13] Né del resto si hanno notizie di contrasti tra Lucani e Siracusani. Tuttavia molti studiosi ritengono veritiera e probabile l'affermazione di Strabone.[14]
Altri studiosi hanno preferito conciliare le due notizie: quella timaica e quella straboniana, asserendo che Agatocle giunse in Italia per contrastare i Bruzi e in seguito rispose anche alla richiesta dei Tarantini.[15]
Note
- ^ a b c Cfr. Consolo Langher (2000), p. 75.
- ^ Giustino, XXIII 1, 1-2. Cfr. Consolo Langher, p. 75; G. Marasco, p. 99.
- ^ Diod. Sic., XXI 3, 1.
- ^ Giustino, XXIII 1, 17.
- ^ Gaetano De Sanctis, p. 241.
- ^ Giovanna De Sensi Sestito, pp. 49-50.
- ^ Giustino, XXIII 1, 3.
- ^ Giustino, XXIII 1, 15. Alessandro il Molosso, re d'Epiro, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- ^ Strabone, VI 3, 4, p. 280. Cfr. G. Marasco, p. 101.
- ^ Diod. Sic., XX 104, 4.
- ^ Cfr. Giovanna De Sensi Sestito, p. 50; G. Marasco, pp. 101-102.
- ^ Diod. Sic,, XIX 77, 8.
- ^ G. Marasco, pp. 101-102.
- ^ Cfr. Giovanna De Sensi Sestito, p. 50, n. 117; G. Marasco, p. 101, n. 22.
- ^ Es. Helmut Berve in G. Marasco, p. 101, n. 22.
Bibliografia
- Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, libri: XIX, XX, XXI.
- Marco Giuniano Giustino, Historiarum Philippicarum T. Pompeii Trogi libri XLIV in epitomen redacti, libri: XXII, XXIII.
- Gaetano De Sanctis, Agatocle, in Scritti minori, vol. 1, Ed. di Storia e Letteratura, 1970, ISBN non esistente.
- Stefania De Vido, Il liberatore e il re, Guerra e potere, Guerra e pace, Guerra e territorio, in Le guerre di Sicilia, Carocci editore, 2013, ISBN 978-88-430-6788-6.
- G. Marasco, Agatocle e la politica siracusana agli inizi del III secolo a.C., in Prometheus, 10, 1984, pp. 97-133. URL consultato il 1º luglio 2017 (archiviato dall'url originale il 12 dicembre 2017).
- Lorenzo Braccesi, Mario Luni (a cura di), Corcira e l'Adriatico negli equilibri interstatali del Mediterraneo tra il IV e III sec. (età di Agatocle e dei Diadochi), in I greci in Adriatico, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2002, ISBN 9788882651626.
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